Oggi, venerdì 5 giugno 2020, è stata presentata al Presidente della Giunta Regionale Dott. Massimiliano Fedriga, al Presidente del Consiglio Regionale Dott. Piero Mauro Zanin, al Consiglio Regionale FVG e all’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli-Venezia Giulia – Direttore Generale Dott.ssa Daniela Beltrame – la Petizione a favore di una “Scuola reale” accompagnata dalla sottoscrizione di 1.728 firme di insegnanti, educatori e cittadini friulani.
PETIZIONE PER UNA “SCUOLA REALE”
Come già è successo in Trentino-Alto Adige, anche qui in Friuli-Venezia Giulia vorremmo sottoporre alla Vs. attenzione la seguente richiesta.
Siamo un gruppo di insegnanti ed educatori del movimento spontaneo La Scuola Che Accoglie, genitori e cittadini i quali ritengono che al mondo della scuola non sia stata data la dovuta attenzione da parte delle istituzioni. Si è scelto di chiuderla, sono stati stanziati alcuni milioni di euro per la Didattica A Distanza (di seguito denominata DAD), ma è mancata una riflessione che ci permetta di ripartire in una condizione di BENESSERE generale.
Dovremmo chiederci tutti, come genitori, come insegnanti, come dirigenti e come cittadini, quale scuola – e di conseguenza quale società – vogliamo costruire per il domani.
Cosa vogliamo trasmettere ai nostri bambini e ragazzi? Su quali principi e con quali basi vogliamo riaccogliere, riaprire ed incontrare nuovamente i nostri giovani?
Ciò che purtroppo emerge, da tutte le proposte che abbiamo sentito fino a questo momento, è un principio di PAURA:
  • paura del contagio
  • paura del contatto
  • paura del respiro
  • paura della contaminazione
  • paura della vicinanza
In sostanza PAURA DI VIVERE.
Immaginate un bambino. 6 anni appena compiuti. 25 chili scarsi. Primo giorno di prima elementare. Un giorno importante.
La mamma non lo può accompagnare. Entra da solo in una classe di sconosciuti di cui non vede il viso. Si siede da solo. Ha paura. E’ agitato. Respira forte e la mascherina gli fa annebbiare gli occhiali.
Avrebbe bisogno di un sorriso ma nessuno gli può sorridere. Di un abbraccio ma nessuno glielo può dare. Distanziamento sociale.
Niente “Dai, siediti vicino a me, teniamoci la mano!”
Niente “A ricreazione giocheremo insieme!”
E’ solo. Gli manca la mamma. Piange.
Le lacrime gli bagnano la mascherina. La maestra gli dice che non può piangere, che non può toccarsi, che è pericoloso, che deve disinfettarsi, che nessuno lo può consolare. Nessuno gli può sorridere. Distanziamento sociale.
Se questo è uno dei momenti più importanti della sua vita, se questa sarà la sua vita per 5/6/7/8 ore al giorno…
NOI NON SIAMO D’ACCORDO e sentiamo la necessità di fare proposte costruttive.
I bambini, i ragazzi e i giovani non conoscono e non dovrebbero conoscere il distanziamento sociale, che implica una lontananza non solo fisica, ma anche UMANA dagli altri. Una distanza innaturale, che non fa parte di ciò che caratterizza ogni essere umano.
Vogliamo parlare del concetto di assembramento in termini positivi, perché i bambini naturalmente si assembrano, PER FORTUNA lo fanno. In maniera innata si avvicinano, ricercano contatto, abbracciano le persone che sentono vicine, ricercano conforto poi si scambiano oggetti, giochi e si parlano a distanza ravvicinata.
NOI NON RIUSCIAMO AD IMMAGINARE una scuola, né un mondo, in cui tutto ciò non accada, neanche per un periodo limitato di tempo, perché creare un’abitudine di questo tipo è molto rischioso, soprattutto in bambini che si apprestano ad affacciarsi alla vita.
Chi lavora con i bambini e con i giovani sa che IL RISCHIO ZERO NON ESISTE e che il rapporto adulto-bambino si crea attraverso la gestualità, che necessariamente comporta un contatto fisico. A scuola TUTTO è condivisione e vicinanza.
Se vogliamo parlare di distanziamento, possiamo semmai pensare di creare classi ridotte.
Possiamo progettare una didattica che coinvolga maggiormente gli spazi all’aperto, traendo spunto da prassi già ampiamente in uso in altre culture, come avviene con successo in Germania, in Danimarca e anche in numerose città italiane.
Noi non vogliamo che i nostri bambini e i nostri ragazzi stiano seduti tutto il tempo-scuola lontani dagli altri, divisi magari da un pannello di plexiglass, con una mascherina sulla faccia diverse ore al giorno.
Non vogliamo che abbiano questo ricordo della loro infanzia o adolescenza.
Riteniamo doverosa una seria riflessione sulla proposta di utilizzo dei dispositivi di protezione come la mascherina, perché fino a questo momento non si è aperto un sufficiente dibattito su questo tema.
A volte basta il buon senso per capire che certe pratiche non sono attuabili, o che semplicemente i danni relativi al loro uso superano di gran lunga i benefici.
La prima considerazione su un eventuale obbligo della mascherina riguarda la DIFFICOLTÀ DI RESPIRAZIONE, ma possiamo aggiungere anche quella di COMUNICAZIONE.
Trascorrere diverse ORE con la mascherina davanti al naso e alla bocca può comportare danni gravissimi, dal punto di vista non solo FISICO, ma anche EMOTIVO, SOCIALE E PSICOLOGICO e riguardo a questo si possono aprire ampi dibattiti, chiamando in causa i più grandi esperti in questi ambiti.
Per quanto riguarda invece la DAD, vogliamo portare all’attenzione l’incidenza negativa sulla salute fisica e psichica dei bambini e dei ragazzi dell’utilizzo di uno schermo per parecchie ore. Ci sono esperti che parlano addirittura della cosiddetta “demenza digitale”, fra tutti il più grande neuroscienziato del momento, Manfred Spitzer. Da diversi anni si parla dei problemi di attenzione e di iperattività, chiamando in causa la sovraesposizione allo schermo e la sedentarietà!
NON È QUESTA LA SCUOLA, NE’ LA SOCIETÀ CHE VOGLIAMO.
Vorremmo a tal proposito ricordare la definizione di salute da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia”.
Pensiamo che sia giusto ripensare la scuola, alla luce di quanto stiamo vivendo oggi. Dobbiamo imparare dagli errori, per migliorare.
Possiamo partire dagli edifici. Le nostre scuole spesso hanno aule inutilizzate, che possono essere riabilitate. Hanno giardini o spazi all’aperto, che possono essere resi agibili!
Il denaro può essere investito nella scuola per ripensare gli spazi, non solo per investire nella tecnologia.
Anche nella nostra Regione, come in Trentino, abbiamo a disposizione grandi spazi immersi nel verde, che si prestano molto bene per meravigliose lezioni all’aperto. L’ambiente esterno è ricco di stimoli per apprendere.
Possiamo ripartire dalla natura, per aiutare i nostri giovani a conoscere e sperimentare i luoghi in cui vivono, per apprezzare e valorizzare la ricchezza racchiusa nel mondo che ci circonda.
Il nostro territorio offre molte possibilità anche dal punto di vista storico e scientifico. Abbiamo musei, castelli, giardini, luoghi storici, che ben si prestano per affrontare gli argomenti del curricolo, che può essere ripensato e riadattato, in funzione della realtà che sta cambiando.
Abbiamo inoltre parecchie caserme dismesse e vari edifici demaniali lasciati all’incuria che, se ristrutturati, possono diventare edifici scolastici, centri di aggregazione, laboratori, …
Dobbiamo rimettere la pedagogia al centro dei nostri pensieri insieme all’educazione civica, alla formazione completa dei cittadini di domani.
Vogliamo inoltre affrontare la gravità del problema di tutti i bambini con bisogni educativi speciali, che sono stati di gran lunga i più penalizzati da questa didattica, con un piano educativo individualizzato che la DAD sembra aver completamente dimenticato. Può darsi che sia stata utile a mantenere un minimo contatto in questi mesi, ma non è sufficiente, perché questa modalità di relazione NON È REALE e non può essere accettata nella normalità.
Va inoltre ribadito che la DAD è stata possibile in quanto il gruppo classe si era già formato e strutturato a partire da settembre e, quindi, le relazioni erano già nate ed in alcuni casi sedimentate e strutturate. La DAD, infatti, non può far nascere un gruppo classe virtualmente; sarebbe un gruppo, ma privo di relazioni ed interazioni umane. È la vicinanza prossemica, la comunicazione verbale, ma soprattutto quella non verbale, che strutturano le relazioni e fanno sì che queste non solo nascano, ma si modifichino e si adattino.
È fondamentale essere consapevoli che le scelte che si faranno incideranno in maniera significativa sulle generazioni che verranno. Questo comporta necessariamente una seria riflessione sul futuro della scuola.
Quello di cui abbiamo bisogno oggi è di essere ascoltati, come genitori, come insegnanti, come membri della società che stiamo costruendo insieme.
Saremo noi il supporto per pensare in maniera coraggiosa al futuro della scuola: una scuola che trasmetta valori umani, conoscenze, rispetto per la natura. Una scuola che investa sul territorio e sulla nuova generazione, affinché cresca con il coraggio di affrontare le sfide del futuro in un’ottica umana e comunitaria.
La scuola può ripartire solo da questo.
Chiediamo come insegnanti, come genitori, come costruttori del mondo di domani, di poter continuare a donare speranza e coraggio ai nostri ragazzi, perché questo è l’unico modo in cui riusciamo a guardare al futuro.
ALLEGATI:
5 giugno 2020
Insegnanti ed educatori de La Scuola che Accoglie
genitori, cittadini, nonni